martedì 28 gennaio 2014

AZIENDE CON STABILE ORGANIZZAZIONE E NON - INSTABILITA' DELL'ITALIA

Forse non tutti sanno come operano fiscalmente in Italia le aziende straniere per cui si vuole dare qui delle informazioni base per capirne un pò di più, per comprenderne i meccanismi e valutarne gli effetti.

Per stabile organizzazione (S.O.) si intende, generalmente, una sede o un centro di affari non temporaneo attraverso il quale un'impresa commerciale non residente esercita la propria attività economica, producendo reddito nel territorio di un'altra nazione.

secondo l'OCSE esistono dei modelli internazioni di come creare un'impresa non residente in un'altra nazione.
Aspetto strettamente legato, anzi conseguenziale a quest'ultimo, è quello della valutazione della struttura da impiantare. Le alternative che si pongono all'imprenditore sono le seguenti:
  • una controllata (subsidiary);
  • una filiale (branch);
  • un ufficio di rappresentanza;
  • una rete di agenti indipendenti.
Generalmente, nei bilanci delle S.O. gli aquisiti di beni e servizi dalla casa madre vengono conteggiati nelle spese quindi contribuiscono a ridurre l'imponibile da tassare e nel caso dell'IVA questa viene compensata con quella pagata nello Stato della casa madre ed eventualmente si versa solamente la differenza allo Stato Italiano.
In caso di azienda senza S.O. la casa madre commercializza direttamente sul mercato Italiano anche tramite altre aziende indipendenti limitandosi ad avere, per esempio, solamente un magazzino di stoccaggio sul territorio italiano (non considerata come S.O). In questo caso l'azienda italiana indipendente fa autofattura mettendola in carico al bilancio come spesa per acquisti. 
Facciamo degli esempi:
- Una casa madre produce un bene e lo vende alla sua S.O in Italia ad un prezzo di € 10.000 + iva di 
   € 2.000 (IVA al 20% del paese straniero residente della casa madre). La S.O. rivende il bene sul
   mercato italiano a € 15.000 + iva al 22% (€ 3.300) e versa allo Stato italiano la differenza dell' IVA
   pari a € 1.300 mentre le tasse le calcola su un imponibile di € 5.000 (15.00 - 10.000).
- Una casa madre che non ha una S.O. produce un bene e lo vende ad una azienda residente in Italia
   ad un prezzo di € 10.000 + iva di  € 2.000 (IVA al 20% del paese straniero residente della casa
   madre). L'azienda fa una autofattura di € 12.000 e se la scarica in bilancio tra le spese di acquisto,
   poi rivende il bene sul mercato italiano a € 15.000 + iva al 22% (€ 3.300) e versa allo Stato
   italiano tutta l' IVA incassata pari a € 3.300 mentre le tasse le calcola su un imponibile di € 3.000
   (15.00 - 12.000).
In ogni caso la casa madre residente all'estero ha commercializzato un bene nel mercato italiano
ricavandone un profitto ma in realtà pagherà sempre le tasse nel paese dove ha la sede.
Con questo sistema è logico che un'azienda costituisca la propria sede in uno Stato dove la tassazione
è bassa ed il costo del lavoro è più conveniente in quanto potrà vendere, poi,  tranquillamente in un
altro mercato di un altro Stato membro europeo con tassazione e costo del lavoro più alto facendo
una concorrenza spietata alle aziende simili di quello stesso Stato. Vi lascio immaginare, invece, cosa
potrebbe accadere se un'azienda ha la propria sede in un paradiso fiscale.
Per ovviare a questo problema basterebbe solamente che la casa madre, che vende un bene o servizio in
un altro Stato con o senza S.O., paghi le tasse e l'IVA nello Stato in cui ha commercializzato il bene,
indipendentemente da dove ha la residenza della sede. E' ovvio che in prima battuta dovrà
predisporsi tipo una ritenuta d'acconto sul fatturato e poi, a presentazione del bilancio della casa
madre, dovranno rapportarsi gli utili e le spese generali sul totale venduto in tutti i mercati, dove
l'azienda opera, con il venduto in quel mercato specifico per determinare asattamente l'imponibile da
considerare per la tassazione a favore dello Stato dove si è commercializzato.
In questo modo anche aziende straniere che sfruttano il mercato italiano, per esempio,
contribuiscono ad alimentare le casse dello Stato e mi sembra abbastanza logico come
modo di operare e tassare .....  oltre che verrebbe meno la convenienza dei paradisi fiscali
che oggi sono utilizzatI per produrre, essenzialmente, fondi neri.

PERCHE' NON SI FA!!!!!!
Enea Giancaterino - attivista m5s

giovedì 9 gennaio 2014

ANALIZZIAMO E CAPIAMO I 7 PUNTI PER L'EUROPA DI GRILLO


Al 3° Vday di Genova Grillo ha lanciato i 7 punti di programma per l'Europa che il M5S porterà avanti alle prossime consultazioni elettorali del 2014.

Sono tutti punti condivisibili ma meritano una attenta e corretta riflessione sulla loro efficacia e fattibilità e sui riscontri che potrebbero avere nella politica italiana ed europea ma  maggiormente sugli effetti per i cittadini.

Ormai la politica europea determina sempre di più quella italiana, come del resto anche quella degli altri Stati Membri, in quasi tutti i campi sociali, economici, del lavoro ect. per cui è importante fare azioni concrete in Europa considerando che, finalmente, il Parlamento Europeo, unico organo europeo rappresentativo dei cittadini, dal 2014 avrà più poteri.

Analizziamoli brevemente punto per punto cercando di comprendere il filo logico che li collega l'uno all'altro essendo di fatto conseguenziali e complementari:

punto 1) Il M5s, ormai, è da tempo che chiede il referndum sull'euro ma si sarebbe dovuto proporlo entro settembre del 2013 per portarlo in consultazione a maggio-giugno 2014, contestualmente con le elezioni europee. Si potrebbe sempre richiederlo entro settembre 2014 ma la consultazione andrebbe a giugno 2015 e se, come si prevede per la durata dell'attuale Governo, si faranno le politiche nel 2015 il referendum si sposterebbe nel 2016. Si comprende chiaramente che i tempi sono troppo lunghi e non si può aspettare oltre. In ogni caso questo elemento potrebbe essere usato come deterrente per forzare un pò la mano in Europa e per far digerire agli altri Stati, specialmente la Germania, alcuni dei successivi punti programmatici. Di seguito si capirà il perchè. Il referendum sull'euro, contrariamente a quanto affermano alcuni, è fattibilissimo come spiegato in questo link http://files.meetup.com/5355182/referendum%20Euro.pdf

punto 2) L'abolizione del Fiscal compact è importantissimo in quanto solleverebbe l'Italia da un adempimento che sicuramente la porterà nel più profondo abisso del baratro tanto temuto. Sostanzialmente il fiscal compact verte su un punto fondamentale, abbassare il rapporto debito/pil fino al raggiungimento del 60% e tale risultato si può ottenere o aumentando il pil (cosa sicuramente impossibile per l'Italia, almeno in tempi brevi ed a queste condizioni) o riducendo il debito. A questa secoonda ipotesi il fiscal compact prevede una restituzione del debito in eccesso in 20 anni che, tradotto per l'Italia, significherebbe circa 45/50 miliardi di € all'anno a partirte dal 2014. Matematicamente è impossibile in quanto la media del rapporto Debito/Pil europeo è intorno al 90% quindi, per uno Stato membro, arrivare al 60% significa che deve esserci obbligatoriamente, in Europa, un'altro Stato membro che stia al 120%, a meno che non diminuisca il rapporto medio europeo. Il tutto è meglio spiegato qui http://cittadininrete.blogspot.it/2013/11/un-po-di-macro-economia-europea.html . Viene da se che se non si abolisce questo Trattato l'Italia, come tanti altri Paesi nelle stesse condizioni, devono ricorrere all'utilizzo del MES (cosidetto fondo salva Stati) ed allora si che l'opera sarà compiuta, a nostro danno, in quanto l'Italia sarà costretta a svendere i propri gioelli alle grandi lobby finanziarie europee e mondiali. Per portare avanti questo punto del programma si deve, obbligatoriamente, mettere i atto il 4° punto del programma trovando condivisioni in europa tra le forze poitiche che hanno gli stessi obiettivi del M5S.

punto 3) L'adozione degli Eurobond in sostanza è come dire che l'Europa assorbe tutti i debiti dei Paesi membri e per finanziarsi emette lei dei titoli. In questo caso, però, andrebbero riviste tutte le politiche comunitarie e in special modo quelle economiche in qunato non dovrebbe essere più lo Stato membro a riscuotere le tasse ma l'Europa che, a sua volta, dovrebbe poi finaziare ogni Paese seguendo dei criteri prestabiliti. Sarebbe auspicabbile per avere, finalmente, una vera Europa unita dove i cittadini vengono trattati tutti allo stesso modo con pari diritti e doveri. Certo ogni Stato membro perderebbe completamente la propria sovranità, che comunque è già ampiamente compromessa, ma in compenso i cittadini acquisterebbero una nuova sovranità europea.
La soluzione è alquanto difficoltosa perchè alcuni Paesi, quelli economicamente più forti, sicuramente saranno contrari e qui entrerebbe in gioco la prospettiva del referendum sull'euro, che i Paesi più deboli potrebbero usare come loro punto di forza. Infatti gli Stati menbri più forti lo sono per il semplice motivo che ci sono Stati membri più deboli nello stesso mercato unico, dove i primi esportano maggiormente nei mercati dei secondi (quindi hanno una bilancia dei pagamenti import-export positiva) incrementando il pil del loro mercato interno a danno degli altri. Se i secondi, invece, uscissero dalla moneta unica i primi perderebbero quote di mercato negli stessi Paesi deboli riducendo drasticamente il loro pil.
Tutto il resto e ipocrisia o demagogia in quanto non si risolvono le situazioni eliminando sprechi, rilanciando l'economiain in un singolo Stato ect. abbiamo visto sopra che, con questa situazione in Europa, se uno Stato membro cresce ce ne deve essere un altro che decresce per il principio della media del mercato; bisognerebbe crescere nei mercati extra europei ma gli altri non staranno certo li a guardare.

punto 4) E' una conseguenza degli altri punti trattati precedentemente in quanto bisogna allearsi con Paesi che hanno gli stessi nostri problemi e le stesse esigenze in modo che si portino avanti, con forza e decisione, tutte le altre iniziative programmatiche.

punti 5 - 6 - 7) Questi ultimi punti si possono applicare solamente se vengono applicati i precedenti, in sostanza se non si rivede tutto il sistema finanziario e monetario dell'Europa non si potrà rivedere ne il pareggio di bilancio e ne il superamento del 3% del rapporto tra il defici/pil in quanto sarà difficoltoso reperire fondi per coloro che si trovassero al di sopra. Infatti solamente se l'Europa adotta i punti precedenti si potrà parlare di rilancio degli investimenti, per risollevare l'economia, che dovranno essere comunque sempre equilibrati e ben ponderati. Se si supera, o si rende inutile, il mantenimento del rapporto del 3% deficit/pil diventa altrettanto inutile il pareggio di bilancio perchè non ha senso. Il punto 6, inoltre, ha senso solamente se si esce dall'euro zona, ma credo anche dall'europa, in quanto altrimenti non sarebbe possibile finanziare attività (agricole o qualsiasi altra) perchè non si dispone di moneta sovrana ed i trattati prevedono norme contrastanti: Infatti ogni Stato membro che adotta moneta sovrana, ma rimane nel mercato unico europeo (vedi inghilterra, danimarca ect.) deve comunque rispettare le normative europee del mercato stesso. Certo le cose si possono sempre rivedere ma dipende, come sempre, dal potere di trattazione che un Paese ha, e quindi sempre dall'attuazione dei punti precedenti.

Spero che questa mia analisi possa essere utile per comprendere i 7 punti ma comunque spero anche che apra un dibattito costruttivo per incrementarli e completarli.

Enea Giancaterino - attivista M5S