Nella tabella sotto sono riportati tutti i debiti dei paesi europei evidenziando anche quelli della zona euro. Si nota chiaramente che la maggior parte nel 2013 hanno peggiorato la loro situazione rispetto al 2012 nel rapporto debito/pil.
Se consideriamo che, facendo la media, il debito pubblico in Europa è salito al 93,4% del Pil nell’eurozona e all’86,8% nell’Ue a 28 Paesi nel secondo trimestre, a fronte dei rispettivi 92,3% e 85,9% dei primi tre mesi del 2013 si evidenzia, quindi, come sembrerebbe impossibile arrivare al 60% del rapporto debito/pil secondo i parametri imposti dal fiscal compact. (60% rapporto debito/pil e 3% rapporto deficit/pil).
Il pil (prodotto interno lordo) è il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici residenti e non residenti nel corso di un anno, e destinati al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali). Non viene quindi conteggiata la produzione destinata ai consumi intermedi di beni e servizi consumati e trasformati nel processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi.
Rimanendo su questa definizione viene da se supporre che per rispettare i parametri o si riduce il debito utilizzando e destinando le somme delle entrate per ripagarlo, comportando minori investimenti dello Stato e conseguente minor circolazione della moneta, o si utilizzano le entrate per fare maggiori investimenti aumentando i consumi e di conseguenza la produzione interna.
La seconda soluzione sembrerebbe quella ottimale ma non la più facile in quanto per ottenerla ci vorrebbe, comunque, più moneta da immettere in circolazione e/o rimodulare la spesa.
Per immettere più moneta non si possono aumentare le tasse in generale, altrimenti si otterrebbe l'effetto contrario (minor consumo), ma forse rimodulando la spesa (eliminando sprechi e privilegi) ed ribilanciando la tassazione (tassare di più chi ha di più e di meno chi ha di meno) si potrebbe ottenere quel di più necessario per rilanciare l'economia e quindi aumentare il PIL, ma forse questo ancora non basta.
Un altro fattore molto importante potrebbe essere quello di ridurre l'import ed aumentare l'esport.
Infatti un parametro fondamentale del pil e la bilancia di pagamenti tra export ed import quindi aumentanto l'export si aumenta il pil e di conseguenza i rapporti debito/pil e defict/pil diminuiscono (un pò quello che fa la Germania e in misura minore la Francia).
Ma se tutti i Stati membri dell'europa facessero così nessuno riuscirebbe ad aumentare l'export nel marcato interno europeo, si dovrebbero cercare altri mercati extra europei ma questi potrebbero fare altrettanto.
Da qui si deduce un fatto fondamentale, essendo il pil europeo al 86,8% e ben al di sopra del 60% ottimale, se uno Stato membro in Europa aumenta il suo pil tramite l'export (restando pari nel mercato interno) ci deve essere un altro Stato che lo riduce, per tornare alla stessa percentuale del 86.8%, a meno che l'Europa, nel suo complesso, esporti di più in altri mercati, diminuendo la suddetta percentuale, ma questo comporterebbe la diminuzione del pil dei mercati extra europei e conseguente aumento del rapporto debito/pil in quest'ultimi.
Sembrerebbe un cane che si morde la coda ma vediamo di capire quale potrebbe essere la strada giusta da seguire.
Se l'Europa ha un rapporto medio debito/pil all'86,8% è impossibile che tutti gli Stati membri raggiungano il 60% richiesto (il rapporto medio dovrebbe essere già pari al 60%) quindi se qualcuno lo raggiungesse ci deve essere, obbligatoriamente, un altro al 110/120% per stare nella media. Per stare tutti al 60% anche l'europa deve avere un rapporto medio al 60% quindi per raggiungerlo deve aumentare le esportazioni a danno di altri mercati che si vedranno diminuito il pil.
Forse, però, per questi altri mercati non è un problema se il PIL diminuisce perchè hanno la moneta sovrana e quindi, se ne avranno bisogno, stamperanno facendo inflazione e svalutando la moneta che gli consentirà di riacquistare maggiore competititività per i loro beni prodotti nel mercato mondiale, riaumentando il loro export a danno dell'Europa.
Allora, come si è visto, è perfettamente inutile fare una battaglia interna all'Europa tra i vari Stati membri, se non si risolve il problema con gli altri mercati, quindi bisogna capire bene come l'Europa reagirà e maggiormente come intende rapportarsi con tutti gli Stati membri per fare una politica unica per dirimere tutte le controversi e contradizioni tra i vari popoli che la compongono.
Quindi l'Europa dovrebbe prima riequilibrarsi nei confronti degl'altri mercati, anche svalutando un pò l'euro immettendo moneta sul mercato (ma non nelle banche) e poi adottare una politica unica per cercare di equilibrare il suo mercato interno investendo dove serve di più (come dovrebbe fare l'Italia con il suo meridione) adottando le giuste e buone regole per la crescita, dove più serve chiaramente, non per la recessione.
Se non si riesce a capire questo, se non si riesce a fare una vera politica europea unica sul sociale, sull'economia, sul fisco ect non si risolveranno mai i problemi dei singoli Stati membri dell'Europa, ci sarà sempre uno che prevarrà sull'altro. Allora si dovrà valutare se conviene uscire dall'euro o rimamerci. In sostanza o l'Europa cambia rotta o l'uscita dei Paesi dall'euro zona è inevitabbile.
Alla luce di tutto questo l'Italia, ma anche tutti gli altri Stati membri, devono capire cosa intendono fare. Il problema va risolto a livello europeo adottando le giuste politiche, altrimenti i sacrifici dei singoli Stati sono perfettamente inutili.
Si spera che quanto sopra espresso possa indurre a far riflettere sulle azioni da intraprendere sia in Italia sia a livello europeo.
Enea Giancaterino - attivista m5s